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Una gazza (non) ladra

di Giannalberto Bendazzi

La lunga calza verde è un bel film di 20 minuti prodotto nel 1961, centenario dell’unità d’Italia, da Sandro Pallavicini della Incom di Roma e da Roberto Gavioli della Gamma Film di Milano. Raccontava, in termini non retorici, la vicenda del Risorgimento e dell’unificazione del Paese, identificandone i protagonisti in Cavour (che sferruzza la calza verde del titolo) e in Garibaldi (il cui mantello tinge dello stesso rosso un popolo eterogeneo).

Implicitamente, Gavioli si arrogò la regìa (“un film di Roberto Gavioli”, dicono i titoli di testa), mentre Pallavicini si attenne al rango di co-produttore.

In realtà l’opera vale soprattutto per l’incisiva direzione artistica di Giulio Cingoli, allora trentaquattrenne e in pieno splendore intellettuale, e per l’eloquente scelta delle musiche di Giampiero Boneschi.

Chi vide La lunga calza verde? Molti ma distratti visitatori dell’esposizione “Italia ’61” di Torino; pochi e ancor più distratti frequentatori dei Centri di Cultura Italiana all’estero; un minuscolo gruppo di appassionati ai festival italiani d’animazione di Busto Arsizio e di Abano Terme, tra il 1969 e il 1971.

Nell’impossibilità di visionare ulteriormente il film, finito negli scantinati della Gamma e poi trasbordato alla bresciana fondazione Luigi Micheletti vocata alla storia contemporanea, fiorirono i pettegolezzi. Uno di questi riguardava Giulio Gianini, e ventilava che avesse copiato una sequenza per il suo capolavoro La gazza ladra (1964).

Giulio Gianini era un signore, e un uomo taciturno. Rivendicò di essersi ispirato, per la fisionomia dell’uccello, a Norman McLaren (Le merle, 1959) ma di non aver mai preso in considerazione il film risorgimentale. Laquerelle fu abbandonata così sulla sua parola; non chiusa, non aperta, e probabilmente irrilevante.

Chi scrive ha rivisto La lunga calza verde[1], e può confermare: la questione era irrilevante.

Dopo la Marcia dei bersaglieri che sottende i titoli di testa, la colonna sonora commenta l’arrivo nel Bel Paese dei turisti contemporanei con l’ouverture della… Gazza ladra di Gioachino Rossini. Il reazionario Rossini, amico personale di Klemens von Metternich, fuggiasco dalla Bologna insorta del 1848, si trova così a essere l’unico punto di contatto tra un film filo-unitario e una favola musicale.

L’animazione della Lunga calza verde, che agisce sulle magnifiche scenografie di Giancarlo Carloni e di Nicola Falcioni, è elegante, morbida e sottilmente ironica, ed è dovuta a Margherita Saccaro, Ennio Staiano, Franco Martelli, perfetti interpreti della limited animation introdotta dieci anni prima dalla californiana UPA di Stephen Bosustow. Non fa mai ricorso alla sincronia fra immagini e note.

L’animazione di Giulio Gianini è invece spesso sincronica, maschia, scattante, e apertamente giocosa.

Belle entrambe, con la differenza che dentro La gazza ladra si cela un intero universo, mentre la sequenza della Lunga calza verde è un distillato di fine umorismo, che si apprezza ma che non si fatica a dimenticare.

Dunque, querelle risolta come una bolla di sapone, e piena ragione alle parole di Giulio Gianini.

La lunga calza verde si conclude con le parole pronunciate da Vittorio Emanuele II all’inaugurazione della IX legislatura, il 5 dicembre 1870[2]: “L’Italia è libera e una. Ormai non dipende più che da noi di farla grande e felice”.

Ehm… ogni commento non-cinematografico, su questo specifico punto, sarebbe di troppo.

[1]Ringrazio il collega e amico Marco Bellano per avermi fornito una copia restaurata del film.

[2]La Breccia di Porta Pia è del 20 settembre dello stesso anno.

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