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VASARI SÌ VASARI NO

Anche questa è buffa. Anni fa, qualche spiritosone decise di battezzarmi “Il Vasari dell’animazione”, e più si va avanti nel tempo più il nomignolo si fa insistente. 

Ai tempi belli del Cinquecento, il socievole e allegro pittore Giorgio Vasari strinse amicizia con molti suoi colleghi, comperò disegni, prese interminabili appunti “in diretta” sul suo adorato Michelangelo Buonarroti e tutto il Rinascimento e il Manierismo. Ne derivò uno dei testi più citati della storia dell’arte: Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architettori. 

Il match Giorgio Vasari – Giannalberto Bendazzi finirebbe al decimo secondo del primo round per manifesta inferiorità di quest’ultimo. 

Di comune c’è solo che io ho frequentato molto gli animatori e poco gli archivi (del resto assai miseri). Di fronte a un universo di timidi, di umili, di cervelli visionari e non letterari, capii fin dall’adolescenza che dovevo usare il metodo dell’antropologo culturale: farmi accettare e assorbire dalla tribù, impararne pian piano i riti e i miti, e infine presentarli ai visi pallidi nella lingua dei visi pallidi. Vasari era un pittore medio-grande che parlava con pittori grandi-fuoriclasse. Io non ho mai saputo disegnare uno zero con un bicchiere, e ho parlato con smatitatori frenetici. Il mio vasarismo finisce qui…

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